Milano Fashion Week: Prada show fra star del cinema, oversize e vita quotidiana

Milano Fashion Week: Prada show fra star del cinema, oversize e vita quotidiana
Alla Fashion week di Milano, una sfilata che ha lasciato a bocca aperta tutti gli opinion leader del settore, compresa Suzy Menkes che definendola “Fabolous Fame” ha poi ironicamente insinuato, riferendosi al catwalk di Jeff Goldblum, : “Ma sarà comodo l’attore in quel cappotto con anelli di pelliccia intorno alle braccia?”.

Una provocazione, indubbiamente, lanciata dalla giornalista di rimbalzo alla maison, abituata a innescare nei propri adepti la fiamma della curiosità.
La passione per l’indagine va alimentata di continuo, e chi voglia mettere alla prova il suo vagabondare speculativo, non deve che entrare in contatto con il mondo Prada.
Il lavoro rappresenta una componente vitale del nostro essere: con questa considerazione, il duo Miuccia Raf Simons ha voluto reimmaginare l’eleganza attingendo a piene mani dal mondo pratico di cantieri e ospedali, officine e laboratori. Alla catwalk milanese di gennaio, Prada si è presentata con una schiera di guest stars, ha affidato a una dozzina di attori famosi la parte di “uomini veri”. L’idea di realtà è stata fatta veicolare nella location di sapore retro, con gli invitati seduti su sedie di legno, elementi di recupero di un vecchio cinematografo, e ovviamente negli abiti, sontuosi look workwear, e non solo.
L’idea di associare tra di loro elementi a contrasto è stata davvero forte e palpabile, a più livelli: c’è stata la dialettica tra gli indossatori/attori, alcuni con i capelli argento e la camminata affannata ma sicura, altri vigorosi nei loro vent’anni, tutti muscoli e speranze. Ma si è respirata la sfida anche tra gli attori e i modelli professionisti, con un modo di camminare e di atteggiarsi, “schierato”, di categoria.
C’è stato il contrasto tra la scenografia e le luci: le sedie vecchie del cinema da una parte, e dall’altra la catwalk a zig zag, avveniristica, invasa da luci strobo. C’é stato il contrasto tra il “sopra” dei look, con cappotti scuri dal taglio squadrato, con spalle importantissime e vite fasciate da cinture strette, e il “sotto” con pantaloni dal taglio over e maglie morbide, chiare e iridescenti.
Mentre accessori e gioielli hanno confermato alcune delle passioni care a Raf Simons – gli stivaloni a punta quadrata, ad esempio, e i guanti in pelle dai colori chiari e vivaci – i pouch triangolari hanno rimandato alla prima geniale intuizione di Miuccia, quel logo metallico riconoscibile a decine di metri di distanza.
Da tali giustapposizioni è emerso un tipo di realtà completamente nuovo e insolito, un inedito concetto di eleganza che ha spazzato via, di colpo, tutto quello che c’è stato prima.
La destabilizzazione nello spettatore è avvenuta per gradi, come in un film: la suspence è stata gestita e modulata attraverso continui cambi di scena, rivelazioni concesse poco alla volta, passaggi narrativi studiatissimi e calcolati al decimo di secondo. Il finale si è personificato nelle fattezze di due giovani star, lo statunitense Ashton Sanders e l’inglese Asa Butterfiled, che più agli antipodi non avrebbero potuto essere.

