Domo Valtravaglia, il mistero delle chiese gemelle

Domo Valtravaglia, il mistero delle chiese gemelle

Chi arriva nella piazza principale di Domo, anche in macchina, ha immediatamente la percezione di trovarsi in un posto singolare, perché si ritrova circondato da edifici di una solennità inusuale in un posto di campagna.

La chiesa principale, dedicata a Santa Maria Assunta, ha un bel campanile romanico molto alto, ed essa stessa ha campate molto alte ed una facciata importante. Di fronte, separata dalla strada, sorge il Battistero dedicato a San Giovanni Battista: lo si riconosce subito perché ha la pianta centrale ed è di forma ottagonale e presenta delle iscrizioni in latino. Poco distante, trova posto un’altra chiesa, non riconoscibile subito come tale perché l’ingresso principale, che dà sulla strada, è ora chiuso da un muro ed il lato lungo presenta porte e finestre come un’abitazione normale; si capisce però che è una chiesa dalla scritta che trapela sulla facciata: Chiesa di Santo Stefano.

Il motivo è presto detto: nel Medioevo Domo era sede di una pieve, che fu in seguito (1137) trasferita a Brezzo di Bedero. La pieve era una Chiesa principale dove si celebravano i battesimi, ecco perché vicino fu costruito il Battistero.

La presenza di ben due chiese e del Battistero attesta l’importanza di Domo nell’antichità: anche le dedicazioni corrispondono a quelle dei centri religiosi maggiori, con una chiesa dedicata alla Madonna e una ad un martire, mentre il Battistero è sempre dedicato a S. Giovanni Battista.
Quello che adesso è un edificio molto rimaneggiato, per gli storici rimane una traccia importantissima del passaggio dell’architettura da alto-medievale a romanica, con una costruzione a pianta centrale  ma con un abside a est: la pianta ad ottagono absidato è piuttosto rara, altri esempi si ritrovano a Castelseprio e a Lenno in provincia di Como. Alto Medioevo significa IX-X secolo ed età carolingia: decorazioni carolinge si ritrovano in facciata, con un motivo decorativo che ricorre lungo tutto il perimetro caratterizzato da archi ampi, ciechi e binati, che poggiano su mensole allungate. Gli studiosi hanno ritrovato decorazioni simili nelle chiese alpine, ad esempio nel San Vittore a Mesolcina.

Vero che le aperture sono più grandi di quelle che si trovano in Svizzera, ma questo perché vennero rimaneggiate e ingrandite nell’Ottocento.
Nella Chiesa di Santo Stefano, che ora è diventata un’abitazione, sono conservati pregevoli affreschi del Cinquecento, perfettamente conservati grazie anche al recente restauro, con scene della Crocifissione e, nella volta, con gli Evangelisti e i Padri della Chiesa.
La Chiesa di Santa Maria Assunta ha subito un profondo rimaneggiamento nel Settecento, ragione per cui di romanico conserva solo una parte del campanile, quella inferiore, caratterizzata da un largo basamento (forse in passato era una torre di difesa) e da larghe lesene angolari, archetti ciechi nella parte centrale e piccole monofore. La cella campanaria è stata invece rifatta nel 1686 e difatti mostra finestre di proporzioni decisamente più grandi.

Esempi di arte romanica pressoché intatti sono quelli rappresentati dalla Chiesa di S. Caterina del Sasso a Leggiuno, dei Ss. Defendente e Simpliciano a Leggiuno, di San Pietro e Paolo a Brebbia,  di San Pietro a Gemonio, di San Clemente sul Monte Sangiano, di S. Giorgio a Sarigo – Castelveccana, di S. Vittore a Brezzo di Bedero, di S. Agostino a Caravate e dell’Abbazia di San Donato a Sesto Calende.