Fabbrica Ex-Sonnino a Besozzo, il fascino dell’intelligenza

Fabbrica Ex-Sonnino a Besozzo, il fascino dell’intelligenza

Oggetto di studi, sopralluoghi e sogni, l’ex cotonificio Cantoni, poi copertificio Sonnino,  è oggi  semplicemente Ex -Sonnino, estemporanea location di performance teatrali e pittoriche, di happening artistici e manifestazioni fieristiche. Siamo andata a visitarla in occasione di Varese Design Week 2017

Quando a Besozzo si organizza qualcosa e si ha bisogno di ampi spazi coperti, si pensa e si scelgono, da qualche mese a questa parte, i locali di questa grande e ancora affascinante costruzione di fine Ottocento. I locali sono stati infatti resi agibili – grazie ad una temporanea armatura di ponteggi – dall’amministrazione comunale.

“Il nostro sogno è quello di trovare qualche generoso appassionato di archeologia industriale che se ne prenda a cuore e riesca a finanziare l’onerosa opera di ristrutturazione”, così ci confida il vice sindaco di Besozzo, il dottor Pedroni, che nella scorsa edizione di Varese Week ha accompagnato i presenti in visita allo stabilimento.

“La fabbrica è in ordine dal punto di vista strutturale, ce l’hanno garantito gli ingegneri e gli architetti che hanno fatto i sopralluoghi per stabilirne, a distanza di tanti anni di abbandono, l’agibilità”, assicura Pedroni, aggirandosi per i locali con orgoglio ed entusiasmo, aggiungendo che i ponteggi temporanei realizzati riescono a “tamponare” la necessità di avere i requisiti di sicurezza, anche se per ovvie ragioni i lavori da approntare sarebbero di ben’ altra portata economica.

Ma tant’è…in attesa che qualche misterioso mecenate possa risolvere l’annosa questione della nostra archeologia industriale, i besozzesi e i varesotti possono visitare internamente i locali in occasione di diverse manifestazioni durante l’anno.

Come gestire – e con quali finanze – il notevole patrimonio tecnico-artistico che l’epoca industriale ha lasciato nell’intero Varesotto – dove le acque dell’Olona e di altri copiosi fiumi hanno alimentato i macchinari di quelle che sono poi diventate le industrie più importanti di tutta Italia? Una domanda a qui è difficile dare una risposta, specialmente in questi tempi così difficili dove i problemi sociali travalicano tutti gli altri.

 

Prima mulino, poi cartiera, cotonificio e copertificio: un breve resoconto di che cosa è stata in passato la Ex Sonnino

All’inizio ci fu…l’acqua: quella abbondante e copiosa del fiume Bardello, che per via del suo corso ricco di dislivelli, riusciva e riesce ancora oggi a produrre energia idrica in abbondanza.

In tutta la zona le famiglie avevano allora cominciato a costruire mulini: le pale delle ruote verticali esterne, spinte dall’acqua, alimentavano un ingegnoso meccanismo di ruote e di leve che automatizzava il processo della macina del grano e poi, più avanti nel tempo, quello della macerazione degli stracci di stoffa per la produzione della carta (in dialetto milanese le conche dove venivano pestati gli stracci venivano chiamate “folle”).

Nel Cinquecento i documenti cominciano a parlare di “cartiera” in relazione ai fabbricati sulla riva del Bardello, e cartiera rimarrà fino all’Ottocento, quando Giovanni Maccia la trasformerà in torcitura. L’intero stabilimento venne acquistato e rinnovato poco dopo dalla Società Cantoni, che aveva casa madre a Legnano, per la produzione del cotone.

Una foto d’epoca del cotonificio Cantoni di Besozzo

Il cotone continuò a essere prodotto fino agli anni ’60, dopo di che, qui come altrove, si cominciò a sentire la crisi dell’industria manifatturiera fino al definitivo fallimento negli anni Ottanta.
Il cotonificio resistette ancora alcuni anni grazie alla caparbietà dell’ebreo Sonnino, che acquisì la proprietà nel 1941 per farne un copertificio, ma nel 1983 dovette chiudere i battenti anche quest’ultima attività.

La cura dei dettagli alimenta i sogni: la ex Sonnino rivela dei particolari che meriterebbero di essere recuperati e valorizzati

Dagli anni ’80 e fino a poco tempo fa, la fabbrica giaceva nel più completo abbandono, tanto è vero che è stata ritrovata tra i rovi anche una caldaia della Franco Tosi e una macchina a vapore – a marchio Cantoni Krupp – che pure meriterebbero un’analisi storica approfondita, per indagare i più generali legami tra estetica e tecnica industriale, in un’epoca in cui gli imprenditori cercavano di lavorare facendo le cose bene in maniera che durassero il più a lungo possibile e che fossero apprezzate dalla comunità. I tanti graffiti che si incontrano durante la visita sono stati realizzati proprio negli anni dell’abbandono, ma sono stati realizzati anch’essi con cura e fanno ormai anch’essi parte della scenografia dal sapore “metropolitano” (a chi piace il genere,  suggeriamo la lettura di questo post sulle fornaci di Caldè).
Ancora oggi certi particolari della facciata, come gli archi ribassati che incorniciano i finestroni dei due ordini, o i pulvini in cemento a sostegno delle colonne delle sale interne, lasciano intendere la volontà della committenza di rendere “grazioso” un fabbricato dalle schiette e dichiarate finalità produttive. Una testimonianza preziosa di un passato che deve assolutamente essere tutelato e “rielaborato” in modo utile per le generazioni successive.

Fabbrica Ex Sonnino di Besozzo
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