Tra sacro e profano, a Riva San Vitale c’è il bel tempio di Santa Croce

Tra sacro e profano, a Riva San Vitale c’è il bel tempio di Santa Croce
Maestoso e imponente, così si presenta il tempio di Santa Croce a chi fa ingresso a Riva San Vitale, un ameno paese sul lago di Lugano, in Ticino, e ne scorge la cupola già da lontano. E quella stessa idea di grandiosità viene confermata visitandone l’interno, dove tutte le pareti sono riccamente affrescate e decorate con ampi teleri, a celebrare la memoria del suo fondatore Giovanni Andrea Della Croce.
Lo si definisce “tempio” e non “chiesa” perché in effetti non venne costruito – tra il 1580 e il 1599 – per officiare le funzioni religiose dell’intera cittadinanza ma solamente quelle di una famiglia, quella dei Della Croce, che possedevano molti terreni nella zona e, non a caso, anche il palazzo residenziale adiacente.
Un edificio sacro di carattere privato in cui si mescolano di continuo riferimenti alla storia religiosa che sono anche riferimenti alla storia della famiglia, secondo una moda in voga in età rinascimentale.
Artefice dell’opera architettonica è l’italiano Giovan Antonio Piotti, molto attivo nella vicina città di Como, mentre gli affreschi interni si devono alla bottega dei Fratelli Pozzi provenienti dalla Valsolda vicino a Gandria. La famiglia dei Della Croce, ora quasi estinta, era originaria di Milano: fu Giovanni Antonio della Croce, castellano di Bellinzona al servizio degli Sforza, a trasferirsi a Riva San Vitale sulla fine del Quattrocento, dopo avere sposato Giacomina del casato locale dei Pianta.
Gli elementi più notevoli del Tempio sono:
la coerenza tra esterno e interno nella struttura e negli elementi.
il pavimento con al centro i simboli della Passione di Cristo, perchè tutto deve rimandare alla Croce, alla famiglia committente
il rimando all’Eternità negli affreschi e nelle tele
L’edificio ha pianta centrale ottagonale e ricalca da vicino gli antichi mausolei classici. La facciata è ugualmente imponente: due colonne d’ordine tuscanico evidenziano il portale principale e sorreggono un timpano mistilineo fortemente aggettante, mentre le paraste laterali insieme al cornicione superiore, decorato con metope a motivi classicheggianti, inquadrano con decisione l’insieme. I tre portali sono in legno di noce intagliato con curiosi mascheroni decorativi; gli stessi mascheroni sono presenti anche nei rilievi del cornicione superiore e negli affreschi interni: un leitmotiv ripetuto, segno della progettazione unitaria dell’insieme, che pure vide l’avvicendarsi di diversi artisti. All’interno l’aula spaziosa è articolata da otto colonne su cui poggiano il cornicione spezzato, le paraste del tamburo della cupola e i costoloni della stessa.
Il pavimento è costituito da belle mattonelle in marmo policromo disposte in modo concentrico per valorizzare al massimo il tondo scolpito con i simboli della Passione di Cristo: la colonna, la scala e la lancia.
Tutto, dal pavimento alla volta soprastante, vuole ricordare il passaggio dalla caducità terrena all’eternità celeste: più lo sguardo sale al cielo e più le decorazioni si fanno lievi sia nei colori sia nei contenuti rappresentati. Non è un caso che si passi da figure fantastiche metà donne e metà uccelli (le Arpie) a stucchi con insegne ecclesiastiche e simboli delle arti e infine al grande affresco – purtroppo rovinatosi quasi subito a causa delle infiltrazioni di umidità nella cupola – che rappresenta il Giudizio Universale.
Le tele negli altari sono opera di Camillo Procaccini, un artista bolognese molto attivo a Milano negli ultimi anni del Cinquecento, che raffigurano alcuni episodi della Leggenda della Santa Croce. Una cappella è dedicata a San Bernardino da Siena, in omaggio ad un antenato di famiglia, il Vescovo Bernardino Della Croce († 1566) che fu cameriere segreto del Pontefice Paolo III Farnese.