Luino, sensazione di Frontiera – poesie di V. Sereni e foto di A. Bordin

Luino, sensazione di Frontiera – poesie di V. Sereni e foto di A. Bordin

Qui puoi leggere alcuni delle poesie più belle di Vittorio Sereni abbinate alle foto di Alessandro Bordin.

Vittorio Sereni è un poeta del Novecento molto importante per la letteratura italiana, originario di Luino. Come Piero Chiara, e negli stessi anni, a Luino il poeta nacque, trascorse l’infanzia e molti periodi di vacanza e soprattutto dedicò molte delle sue composizioni.

Il nome di Luino e dei suoi luoghi ricorre in tante poesie scritte nel corso di tutta la carriera, soprattutto in quelle incluse nella raccolta Frontiera (1941) ma anche in altri lavori successivi come Gli strumenti umani (1965) e Stella Variabile (1983).




Nelle frasi ermetiche di Sereni ognuno di noi, con la sua sensibilità e con la sua cultura, può trovare emozioni diverse, rievocare luoghi e momenti che si collegano a ciò che ha visto o provato in prima persona. Nessuno però può negare che Sereni abbia colto nel segno ed abbia individuato la specificità del territorio, dipingendo con le parole una Luino “di confine” di cui gli abitanti sono ben consapevoli. Un confine che è geografico ma anche psicologico, che è senso del limite ma anche percezione dell’oltre, e che si può avvertire anche in altri artisti del Luinese, mediante diversi mezzi, dalla pittura alla prosa alla fotografia.

Per dimostrare questa tesi, quasi per gioco, si è voluto abbinare alcune delle poesie di Sereni ambientate a Luino con alcuni degli scatti realizzati, sempre a Luino, dal giornalista e fotografo Alessandro Bordin, pubblicate anche sul suo profilo facebook. 

Fiume - Alessandro Bordin
Un Sogno


Ero a passare il ponte

su un fiume che poteva essere il Magra

dove vado d'estate o anche il Tresa,

quello delle mie parti tra Germignaga e Luino.

Me lo impediva uno senza volto, una figura plumbea.

«Le carte» ingiunse. «Quali carte» risposi.

«Fuori le carte» ribadì lui ferreo

vedendomi interdetto. Feci per rabbonirlo:

«Ho speranze, un paese che mi aspetta,

certi ricordi, amici ancora vivi,

qualche morto sepolto con onore».

«Sono favole, - disse - non si passa

senza un programma». E soppesò ghignando

i pochi fogli che erano i miei beni.

Volli tentare ancora. «Pagherò

al mio ritorno se mi lasci

passare, se mi lasci lavorare». Non ci fu

modo d'intendersi: «Hai tu fatto

- ringhiava - la tua scelta ideologica?»

Avvinghiati lottammo alla spalletta del ponte

in piena solitudine. La rissa

dura ancora, a mio disdoro.

Non lo so

chi finirà nel fiume.

Vittorio Sereni
« di 8 »