NFT spiegati semplici: ecco una guida per capire cosa sono veramente

NFT spiegati semplici: ecco una guida per capire cosa sono veramente

Proviamo a rendere semplice un concetto che tanto facile non è: cosa sono questi NFT di cui si parla molto? Sono una speculazione o un’opportunità, oppure tutte e due le cose? Cosa certificano? Saranno indispensabili in futuro? Ecco alcune delle domande a cui cercheremo di dare una risposta che sia la più semplice possibile.

Si sente parlare sempre più di NFT, un acronimo spesso associato ad opere d’arte, video, immagini e opere digitali in genere. Sapere cosa significhino quelle iniziali non contribuisce minimamente alla comprensione: Non Fungible Token, che si potrebbe rendere in italiano con gettone non fungibile o gettone non riproducibile, lasciandoci appunto con gli stessi dubbi iniziali. Come avrete intuito ci accingiamo ad affrontare un discorso disseminato di concetti non facili da sintetizzare, anche perché richiedono prerequisiti a loro volta non affatto immediati. Ma senza questi non si arriva a capire davvero cosa siano questi NFT. Proviamoci, dunque.

Molte novità che ci spiazzano, difficili da capire, sono spesso figlie di uno stesso concetto/tecnologia: la blockchain. E’ un’invenzione per molti versi geniale e con un potenziale enorme in molti settori, ma appunto difficile da capire cosa sia in realtà (senza questo concetto, non si capiscono gli NFT). Quindi proveremo a raccontare una breve storia. Corre l’anno 2008 e tale Satoshi Nakamoto (pseudonimo di un geniale programmatore la cui vera identità è sconosciuta ancora oggi) introduce la prima blockchain: l’obiettivo è quello di creare un convincente libro mastro digitale che possa registrare tutte le transazioni della sconosciuta (allora) criptovaluta digitale Bitcoin.

Le transazioni non si possono modificare ma solo aggiungere. Resta uno storico di tutto, perché la copia digitale di questo registro è detenuta da molte persone / PC e vengono aggiornate tutte in contemporanea ogni volta che avviene una transazione. Impossibile, di fatto, rubare o fare qualsiasi operazione senza che tutti, in contemporanea, se ne accorgano. Il massimo assoluto dell’affidabilità, insomma.

Pochi però si soffermano a spiegare il perché della blockchain: cosa ha fatto nascere l’esigenza di qualcosa del genere in Satoshi? Arriviamo ad uno dei punti chiave.

Il principio ispiratore della blockchain è la disintermediazione.

La blockchain è un registro pubblico, pubblicamente consultabile, non modificabile e da qui discendono varie applicazioni. La prima risale a quei tempi, la seconda che citiamo, nata dopo, riguarda proprio gli NFT.

1. Disintermediazione dalle banche, creando una base affidabilissima per le criptovalute, che sono scollegate in tutto e per tutto da Banche centrali di qualsiasi tipo.

2. Disintermediazione da notai, brevetti e affini per atti di proprietà: la garanzia della tecnologia blockchain garantisce l’affidabilità e unicità degli NFT, che ora proveremo a definire meglio dopo averne appurato la solida consistenza tecnica.

Un NFT è di fatto un “atto di proprietà” riferito a qualcosa di digitale: un’immagine, un video, una GIF, il vestito in un videogioco o nel Metaverso, un brano musicale, opere d’arte digitali.

Cosa importantissima: è il suo creatore, o chi registra l’NFT, che certifica sé stesso come proprietario. Disintermediazione, appunto. Ci si svincola da burocrazia, notai, atti costosi e spesso costosissimi, andando in teoria a risolvere, allo stesso tempo, il problema immenso della “copiabilità” delle opere digitali.  Si potranno fare copie, certo, esattamente come ora. Ma il “bene digitale” è registrato, motivo per cui il proprietario può dimostrare che quell’opera è sua.

Facciamo ora un esempio, che giustifica anche chi parla di una grossa speculazione riguardo agli NFT, almeno nel tempo della stesura di questo articolo. Esistono da tempo aste o listini veri e propri per opere con NFT, sulle quali in molti stanno investendo fior di soldi (un mercato da 27 miliardi di Dollari solo nel 2021). Oggi quelle opere hanno un valore modesto, sono sconosciute. E fra 10 anni? Non lo sappiamo, magari una fotografia verrà usata 100.000 volte o sarà presente in qualche museo, o sarà una canzone di grande successo. Ci sarà però un possessore dei diritti certo, documentato, sulla cui veridicità non ci sarà alcun dubbio perché con la blockchain come “garante” non ci sarà mezzo dubbio a riguardo.

Si tratta di paradigmi completamente differenti, in molti casi, rispetto a come intendiamo l’arte, giusto per fare un esempio. NFT è l’atto di proprietà e quello ha valore, magari più dell’opera stessa, che essendo digitale è riproducibile. Non lo è affatto l’eventuale NFT associato.

Se può essere nobile l’intento di disintermediare, per scollegarsi da burocrazia o enti centrali in cui si ripone poca fiducia, c’è un grosso limite che sconfina quasi nel paradosso: criptovalute, NFT… non sono affatto alla portata di tutti!

Anzi, sono in pochi ad avere le competenze tecniche per muoversi con disinvoltura in questi mondi ancora sconosciuti e concettualmente difficili. Ed è proprio qui il paradosso: la quasi totalità delle persone avrà comunque bisogno di un intermediario per capirci qualcosa e fare anche un solo passo in questi mondi. NFT e criptovalute sono e saranno al fianco degli strumenti che utilizziamo da sempre, andando a costituire un’opportunità in più. Per pochi. Che oggi osservano, altri speculano, altri ancora investono, come molti grandi marchi della moda, desiderosi di essere presenti in quel Metaverso ancora ipotetico ma non certo lontano.