Piccola guida al riconoscimento dei funghi: le foto e i consigli utili
Piccola guida al riconoscimento dei funghi: le foto e i consigli utili
Funghi, che passione! Guida al riconoscimento e consigli per vivere al meglio l’esperienza incredibile della raccolta dei funghi nei boschi
Articolo a cura di Alessandro Bordin
Servono alcune premesse fondamentali perché con i funghi non si scherza: un errore può costare la vita!
1. Meglio conoscerne pochi bene che tanti male (quindi non conoscerli ma credere di sì).
2. Nel dubbio non raccogliere mai nulla, lasciare tutto dove si trova senza distruggere.
3. Raccogliere solo specie chiaramente riconoscibili e ben formate (vedremo perché).
Queste doverose premesse devono costituire il bagaglio base del cercatore di funghi occasionale, qualora non abbia la possibilità di andar per boschi con qualcuno di esperto. Abbiamo già visto nel primo articolo (ne consigliamo caldamente la lettura se non lo avete già fatto) che ci sono diverse false credenze, da spazzare via prima ancora di mettere piede nel bosco.
Passiamo quindi ad analizzare alcune specie di funghi fra le più comuni nelle nostre valli del Varesotto.
Specie mortali di funghi
Amanita phalloides
I funghi del genere Amanita sono in generale quelli più diffusi. Sebbene questo nome, che molti già conoscono, non sia sinonimo automatico di mortalità (ne esistono specie commestibili e anche ottime, come l’Amanita caesarea, poco diffusa dalle nostre parti), l’attenzione deve essere massima qualora ci venga in mente di considerarne, per qualche motivo, la raccolta.
L’Amanita phalloides è fra i funghi più letali nonché una delle 3 Amanita mortali, anche se per fortuna è ben riconoscibile. Il cappello è di colore variabile ma si ricade sempre in un verdastro-giallo, al di sotto delle quali ci son sempre lamelle bianche. Presente, inoltre un anello sul gambo nella parte più alta. Sopra il cappello non ci sono verruche (i “puntini”, sarà più chiaro con la Amanita muscaria che le ha). Ovviamente da ignorare e lasciare dove è.
L’Amanita phalloides si trova abbastanza spesso nei boschi da giugno a ottobre.
Amanita virosa
L’Amanita virosa è tossica quanto la phalloides, quindi mortale. Si trova più di rado, ma con colonie anche numerose in piccole zone. L’aspetto è bianco candido in tutto il fungo, con lamelle sotto il cappello e, colore a parte, somiglia alla phalloides. I casi di morte sono dovuti soprattutto al fatto che le persone poco esperte le confondono con alcuni funghi prataioli. La terza Amanita mortale è l’Amanita verna, un fungo molto simile alla virosa ma che cresce presto, verso maggio. Nel Varesotto non se ne registra la presenza. Una curiosità: in Gran Bretagna questo fungo viene chiamato Destroying Angel, angelo distruttore: il candore e pare anche il sapore ottimo che non mette assolutamente in allarme costituiscono un inganno mortale in pochi giorni.
Specie tossiche di funghi comunque pericolose
Di seguito alcune delle specie tossiche, che possono essere anche mortali in grandi quantità, che si possono trovare comunemente nei nostri boschi.
Amanita muscaria
Il classico “fungo delle fiabe”: praticamente inconfondibile, si presenta di colore rosso con molte verruche bianche sul cappello (quelli che noi chiamiamo “puntini”, assenti nelle precedenti Amanita). Anche in questa caso gambo e lamelle sono bianche, con anello nella parte alta del gambo. La prima foto non è messa a caso, perché si nota una lumaca evidentemente ghiotta di Amanita muscaria: come detto nel primo articolo, se ci sono animali che se ne nutrono non significa affatto che non siano velenosi per l’uomo. Si tratta di un fungo molto diffuso, tanto bello quanto tossico. Meglio fermarsi a guardarlo perché talvolta forma colonie di molte unità, ma poi lasciarlo dove si trova senza distruggerlo.
Amanita pantherina
Del tutto simile nell’aspetto all’ Amanita muscaria e diversa praticamente solo per il colore nocciola del cappello è l’Amanita pantherina. Molto diffusa nei nostri boschi, condivide la pericolosità con l’Amanita precedentemente descritta. L’aspetto non è invitante, per nulla: ecco, in questo caso l’istinto non sbaglia!
Rubroboletus satanas
Rubroboletus satanas, chiamato fino a non molto tempo fa Boletus satanas o porcino malefico, è in realtà il primo fungo del nostro elenco che può essere seriamente confuso con qualcosa di simile che invece è commestibile anzi ottimo, cioè con il Boletus erythropus (chiamato in gergo faré o feré, nelle nostre zone, lo vedremo in seguito). Nel caso ci trovassimo di fronte un esemplare come nella prima fotografia, ci sarebbero pochi dubbi: la forma è quella del porcino che tutti conosciamo, ma i colori ci mettono in guardia. Il problema però è che nel bosco un fungo non sempre mette in mostra così chiaramente le proprie caratteristiche: nella seconda foto vediamo un Boletus satanas ben più difficile da riconoscere (è stato poco esposto all’aria e alla luce, con i propri colori ancora poco connotati), ma è la stessa specie. Una semplice regola: se ha il gambo rosso e il colore del cappello chiaro, spesso color caffelatte ma certamente NON scuro, lasciatelo dove si trova. Con alta probabilità siete di fronte a un Boletus satanas. Causa gastroenteriti e vomito. Questo fungo, come altri, presenta pori (“spugna”) e non lamelle sotto il cappello, andando a sfatare uno dei pericolosi detti popolari del passato che se non ha le lamelle sotto è probabilmente un fungo commestibile.
Commestibili e ottimi ma solo da cotti (no crudi)
Boletus erythropus
Abbiamo volutamente messo il Boletus erythropus subito dopo il Satanas, essendo le due specie più soggette ad essere confuse. Prima di tutto diciamo che nessuno chiama il Boletus erythropus col suo nome scientifico: più facile che ne avrete sentito parlare come feré o faré: si tratta di un particolare porcino dai colori sgargianti, rosso sul gambo e sotto il cappello, che si scurisce al taglio. E’ un fungo ottimo, ma necessita di una cottura di almeno 20 minuti per eliminare le tossine (che sono appunto termolabili, vanno via con un po’ di calore prolungato). Ottimo anche sott’olio, ma mai in insalata da crudo! Come si fa a non sbagliare? Lo abbiamo riportato in due foto apposta: la forma è quella del porcino (ma anche il Satanas lo è), ma il feré ha sempre il cappello scuro, che in esemplari ancora giovani sembra quasi vellutato. Al taglio, ad esempio per pulirlo, assume molto rapidamente una colorazione scura. Non preoccupatevi, è tutto normale e svanisce dopo la cottura.
Boletus luridus
Può capitare però di imbattersi in un fungo alquanto strano. Non è un Satanas perché, nonostante il cappello chiaro, non ha quel rosso così presente nel gambo. Sembra un porcino “normale” ma non lo è, perché il gambo non è bianco e ha un colore nocciola talvolta con qualche rimando al rosso. Non è nemmeno un feré, perché appunto il cappello è chiaro e il feré è invece sempre scuro. Sono rari, ma ci si trova di fronte a un Boletus luridus, un nome che certo non invoglia a saperne di più. Negli esemplari più giovani i tubuli sotto il cappello (la “spugna” può assumere un volore arancione, che vira al giallo verdino da adulto. In realtà in diverse zone d’Italia è ritenuto ottimo, seguendo però le precauzioni riservate al feré, ovvero una cottura prolungata. Il nostro consiglio: lasciatelo dov’è, nel dubbio sempre e comunque passare oltre. Deve il suo nome al fatto che, se tagliato, si scurisce assumendo una colorazione blu o scura in genere, esattamente come per il feré.
Armillaria mellea
Nessuno li chiama Armillaria mellea, ma sicuramente in molti avranno sentito parlare dei chiodini. Non tutti sono felici di trovarli perché son funghi tardivi dalle nostre parti, quasi un segnale per la fine della stagione di raccolta del porcini, ma restano comunque funghi che danno soddisfazioni. Anche in questo caso sono funghi che vanno cotti per essere commestibili (l’acqua di bollitura, come per le altre specie in questa sezione, deve essere eliminata). Se ne salva di solito solo il cappello negli esemplari più grandi, mentre risultano ideali per il sott’olio quelli più piccoli, anche in considerazione del fatto che sono funghi che possono essere trovati in numero di parecchie decine per volta. Crescono quasi sempre su ceppi di alberi morti. I migliori sono quelli che si trovano su ceppi di latifoglia mentre quelli sulle conifere, più amari, vengono spesso ignorati dai cercatori esperti. Nel suo nome ci sono le prime indicazioni per riconoscerlo: Armillaria mellea deriva dal latino “armilla”, braccialetto, e “melleus”, miele: c’è un anello sotto il cappello sul gambo e una colorazione giallo-bruna del cappello. Le lamelle hanno inoltre un colore bianco/crema che può arrivare al giallastro, ma mai scure. Le carni hanno un colore biancastro. Memorizzando inoltre le immagini che abbiamo riportato risultano abbastanza semplici da riconoscere, ma per scrupolo riportiamo di seguito quelli che chiodini non lo sono affatto, e da cui tenersi alla larga.
Falso chiodino: Hypholoma fasciculare
L’aspetto è molto diverso: Hypholoma fasciculare ha in comune il fatto di condividere lo stesso habitat, periodo e crescere in colonie numerose. In caso di dubbi non raccogliete nulla: questo fungo è velenoso, provoca forti mal di stomaco e diarrea.
Leccinum scabrum
Leccinum scabrum: dalle nostre parti viene chiamata bedròla, fungo molto riconoscibile per forma e aspetto che si trova solitamente nel pressi delle betulle. Il cappello è simile a quello del porcino classico ma generalmente più piccolo, con un gambo lungo e ricoperto da squamette, spesso sul grigio scuro se non più freschissimo. Sotto il cappello troviamo tubuli di colore bianco (la “spugna”, non lamelle), che possono diventare anche giallastri con esemplari adulti. Si scurisce al taglio e dopo la cottura, per la quale si conserva solo il cappello, essendo il gambo molto legnoso, salvo che in esemplari molto giovani (ma piccoli).
Imleria badia
Imleria badia, che motli chiamano erroneamente anche Boletus badius, è un fungo che non nasconde un certo grado di parentela col porcino. Un fungo che cresce qua e là, spesso singolo, con un cappello sempre scuro sul marrone e un gambo nocciola. Si scurisce al tocco e al taglio, mentre sotto il cappello troviamo spugna/tubuli bianchi da giovanissimo, poi viranti al giallo/verde. Anche questo si sconsiglia di consumarlo cotto in quanto risulta molto più digeribile.
Macrolepiota procera, chiamata un po’ da tutti mazza di tamburo. È un fungo che può raggiungere notevoli dimensioni, nonché uno di quelli ottimi “con le lamelle sotto il cappello”. In pochi ricordano che è tossica da cruda o per breve cottura: si mangia “solo” il cappello (il gambo è legnoso) ma se optate per impanarla come molti fanno, scegliete il forno e non la padella. A 180°C per 15 minuti è un tempo di sicurezza adeguatamente cautelativo, in padella c’è il rischio di controllare solo l’impanatura e il fungo potrebbe non aver subito affatto gli effetti di denaturazione degli ingredienti tossici perché esposto a troppo poco calore e per poco tempo. Come si riconosce? Prima di tutto è la mazza di tamburo che trova voi, viste le dimensioni! Il cappello negli esemplari giovani e ancora un po’ chiusi è sferoidale (assomiglia, appunto, a una mazza di tamburo), fino quasi a costituire una superficie piana quando giunge a maturità. Al centro del cappello, una zona tonda e scura, poi via via coperto di scaglie / fiocchi disposti radialmente su un cappello color nocciola tenue. La consistenza al tatto del cappello nella parte superiore è particolare: carnosa, ricorda un po’ gli “antistress” gommosi di qualche tempo fa. Il gambo è lungo e squamato, con un anello tecnicamente doppio anche se può sembrare singolo.
Funghi commestibili eccellenti, sempre
Boletus edulis, il classico porcino. Dal gambo spesso molto robusto, bianco e sul nocciola chiaro in esemplari non più giovanissimi, ha una colorazione del cappello dal marroncino al marrone, tubuli/spugna sotto il cappello che va da bianca (giovane) al giallino e verde man mano che l’esemplare resta esposto e cresce. Al taglio resta bianco in tutte le sue parti. C’è poco altro da dire sul re del funghi, almeno nelle nostre zone. Lo si può trovare in autunno in boschi di tipo diverso ad altezze diverse. Come in altri casi, se trovate funghi troppo piccoli e difficilmente riconoscibili o semi-sotterrati, meglio non rischiare.
Cantharellus cibarius
Il Cantharellus cibarius viene indicato con diversi nomi popolari come gallinaccio, finferlo, cantarello e altri ancora. E’ un fungo ottimo dalla forma e colore inconfondibile: sebbene spesso di piccole dimensioni, son funghi ad ombrello irregolare di colore giallo arancio o giallo oro, gambo che può essere anche molto corto. Guardandolo bene, le lamelle assomigliano più a delle pieghe. In diverse zone è considerato ancora più pregiato del porcino.
Da non confondere con il fungo dell’ulivo, anche se dalle nostre parti è poco diffuso, il Omphalotus olearius. Quest’ultimo, oltre ad essere nettamente più grande, cresce solo su radici o tronchi (il Cantharellus cibarius è invece terricolo), ha un cappello ben più regolare e definito e vere e proprie lamelle. Ma si tratta di un fungo diffuso soprattutto in zone mediterranee, ma mai abbassare la guardia.
Russula virescens e Russula cyanoxantha sono ottimi funghi commestibili anche crudi, sebbene poco o per nulla raccolte dai cercatori “doc” (che raccolgono solo porcini o poco più). Abbondano nei nostri boschi forse anche per quello, essendo zona che, per tradizione, andare a funghi significa andare a porcini. Vengono chiamate genericamente russule. La virescens ha un colore verdognolo sul cappello, spesso a macchie, che è di forma concava o piana da adulta, lamelle fragili e bianche, così come il gambo. Non presenta anello, fattore importantissimo per i non esperti per non confonderla con la mortale Amanita phalloides, che è comunque molto diversa anche se di colore simile sul cappello. La Russula cyanoxantha è simile, ma di colore blu-violetto nella parte superiore. Esiste anche una variante rossa ma meglio non rischiare, perché esistono funghi simili che sono pericolosi, in questa variante.
Amanita caesarea
Detta anche ovolo buono, è veramente poco diffusa dalle nostre parti ma è ritenuto uno dei funghi migliori al mondo. Arancione sul cappello senza verruche, dal gambo giallastro (impossibile confonderla con l’Amanita muscaria), con alla base quasi sempre la volva, che la avvolgeva completamente quando è spuntata (da cui anche il nome di ovolo).
Ultima cosa…
Abbiamo detto di non raccogliere funghi poco formati, piccoli o poco riconoscibili. Vogliamo essere convincenti, con un esempio.
Da chiuse sono uguali: a sinistra il fungo mortale più temibile, a destra il più pregiato. Solo tagliandole, e non sempre, si capisce che forse qualcosa cambia…
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