Tradizioni intorno alla castagna – prima parte

Tradizioni intorno alla castagna – prima parte

Sai cos’è una bisascia? o un grà? Sono termini legati alle tradizionali lavorazioni delle castagne. Leggendo qui puoi capire come facevano i contadini a campare tutto l’inverno solo raccogliendo questi frutti.

Le castagne una volta erano il principale mezzo di sostentamento per i contadini delle valli dell’Insubria, soprattutto nei periodi invernali perché facili da conservare e ricche di vitamine e proteine. A Brinzio grazie all’impegno delle istituzioni locali e del Consorzio Castanicoltori, si tengono vive le antiche tradizioni e ancora adesso ogni anno in tutti i weekend di ottobre si organizzano castagnate; alla fine dello stesso mese ha luogo una manifestazione tradizionale chiamata “Festa attorno alla Grà” dove si procede all’affumicatura e alla sbucciatura delle castagne.
Nei  boschi intorno a Brinzio si può andare a raccogliere le castagne oggi come allora, e vedere le antiche selve castanili. 

Un’economia basata sulle castagne è stata possibile per molti secoli ed è importante conservarne memoria attraverso musei, feste tradizionali e visite guidate

Dietro le castagne è esistito un “mondo” che è partito dall’albero per creare un sistema economico perfettamente funzionante ed autonomo: l’auto-sostentamento è stato possibile grazie all’ingegno ed all’esperienza tramandata di padre in figlio, di generazione in generazione. In Insubria si è arrivati molto lontano a partire da quella pianta, se si pensa che fino a qualche anno fa la Zuegg si riforniva qui per i suoi prodotti a base di castagne, c’erano stabilimenti di marron glacés e c’erano fabbriche dove si usava il tannino (il colorante naturale estratto dal legno) per trattare il cuoio – prima dell’introduzione di materie concianti sintetiche.

I castagni crescevano nelle selve castanili o nelle paline creando paesaggi che erano belli e utili nello stesso tempo

Selva Castanile - foto Consorzio Castanicoltori
Selva Castanile – foto Consorzio Castanicoltori

Il castagno è un albero speciale perché dà frutti ma fornisce anche legno pregiato: per questa ragione lo si è coltivato sia in “selve castanili” che in boschi cedui detti “paline”, a seconda dell’uso che se ne voleva fare. Bisogna anche dire che è una specie che, per sopravvivere, ha bisogno della cura dell’uomo, perché necessita di molta luce, di un terreno concimato e di diverse potature, e diversamente sarebbe soppiantata dai faggi che crescono alla stessa altitudine.
Nella selva castanile si seminano le piante che poi vengono innestate, per essere più forti e dare frutti migliori, ben distanziate le une dalle altre, in mezzo a prati erbosi dove una volta si faceva pascolare il bestiame. Qui si poteva fare il fieno per l’inverno, le foglie cadute venivano utilizzate per la lettiera degli animali, i fiori in primavera erano utilizzati dalle api per fare un ottimo miele e il terreno era ottimo per la crescita di funghi prelibati. Per avere la maggior quantità di castagne sul periodo più ampio possibile, si piantavano diverse varietà di piante (precoci e tardive) o con caratteristiche diverse, tipo quella di produrre ricci chiusi.
Le paline erano invece boschi di castagni destinati a essere tagliati di frequente (ogni 4-6 anni) , per avere legna da fuoco o da costruzione. Il legno di castagno è infatti molto duttile e lo si trovava specialmente idoneo per fare pali di sostegno.

Tutti raccoglievano le castagne con i mezzi che potevano; anche i poveri potevano “spigolare” alla fine del raccolto

Il mese di ottobre era consacrato alla raccolta delle castagne: per questa attività erano chiamati tutti i componenti della famiglia, donne e bambini compresi, dotati di ampi grembiuli (besasce) dove radunarne la maggiore quantità possibile. Agli uomini era riservato il pericoloso lavoro della “bacchiatura” (a Brinzio in realtà non fu mai necessario ma in altre zone sì), che consisteva nel salire sugli alberi e batterli forte con delle speciali stanghe di legno dotate di un ferro all’estremità per prendere meglio i rami. In questo modo i ricci cadevano e una volta a terra, per farli maturare e dischiudere, venivano radunati in un grande mucchio chiamato “ricciaia” ai piedi degli alberi.

Foto dai Quaderni del Museo del Malcantone
Foto dai Quaderni del Museo del Malcantone

La ricciaia: il sistema di conservazione semplice ed efficace per tenere fresche le castagne tutto l’inverno

Il sistema della ricciaia così semplice racchiudeva in sé la capacità di conservare le castagne anche per tutto l’inverno, di averle fresche anche alla fine della stagione, dal momento che i ricci ammassati uno vicino all’altro formano un ambiente povero di ossigeno che innesca un processo di fermentazione e uccide i batteri.

Ricciaia - Quaderno del Museo del Malcantone
Ricciaia – Quaderno del Museo del Malcantone

Sopra la ricciaie venivano deposti anche sassi per impedire agli animali di avventarsi sul prelibato bottino. Per favorire il distacco della castagna dal riccio è importante avere un ambiente leggermente umido e per questa ragione spesso le ricciaie venivano realizzate vicino alle abitazioni in modo tale da poterle innaffiare al bisogno.

Fonte: Pubblicazione “Il Castagno” (http://www.museodelmalcantone.ch)

Vuoi sapere altri metodi di conservazione delle castagne? Qui c’è la 2 parte dell’articolo.